Testimonianza volontario del Centro di Ascolto della Caritas Parrocchiale

Fare il volontario al Centro di ascolto Caritas è un’esperienza molto forte ed educativa, sia sotto il profilo umano che in relazione alla fede.

Nel centro di ascolto si vivono incontri, volti, storie di persone e famiglie. Non sono amici, almeno all’inizio, ma persone che per motivi diversi vengono a chiedere aiuto. 

Persone che si muovono e arrivano.  Alcuni hanno vergogna a farsi vedere, a domandare.

Davanti a queste situazioni penso sia necessario cercare di mettersi nei panni della persona che si incontra, domandarsi cosa prova, cosa sente, cosa vive.

Durante il lockdown, quando quasi tutti ci riparavamo in casa contro il virus, c’era chi per necessità primarie era obbligato ad uscire.   Anche davanti al Covid-19 non siamo tutti uguali, non possiamo affrontarlo tutti allo stesso modo. C’è chi può proteggersi bene, chi meno, e chi senza casa ha serie difficoltà a difendersi, non soltanto contro il virus.

“Se vuoi e te la senti”, queste persone con le loro borse vuote di alimenti ma piene di problemi ti invitano ad uscire e ad aprire le porte del Centro di Ascolto.  Nasce qui il primo interrogativo: “Esco di casa oppure no? In fondo non ho ancora 65 anni!”.

Così ho deciso di uscire e aprire insieme agli altri volontari il Centro. Tutti noi, giorno dopo giorno, incontrando e ascoltando queste persone, ci siamo accorti che la porta che si apre non è quella “allarmata” per prevenire i furti alla sede della Caritas ma la porta “disarmata” dell’accoglienza, del sorriso e della vicinanza.  A volte opportune sono anche la fermezza e la risolutezza. Abbiamo compreso che Ascoltare non è facile, non basta aprire le orecchie (quante volte ce lo dice Gesù), bisogna formarsi e avvicinarsi. Abbiamo imparato lentamente che nell’ascolto occorre mettere tutto il proprio essere, coinvolgere tutti i nostri sensi, i nostri modi dello “stare”. Inoltre, da quando la mascherina copre i nostri volti, lo sguardo ha un compito fondamentale. Gli occhi possono far intendere interesse e attenzione oppure far percepire distanza e indifferenza, fretta.

Chissà con quale sguardo Gesù guarda ancora oggi i poveri, gli ammalati, gli affamati, coloro che sono trattati ingiustamente, gli stranieri, i senza fissa dimora….

Me lo chiedo perché lo sguardo di Gesù è davvero molto interessante per il senso della vita, è lo sguardo del Padre, del Buon Samaritano. Uno sguardo così tenero e ospitale forse lo conosco ancora poco ma, quel poco che ho percepito, riuscirò a farlo vedere?  L’attenzione a questo sguardo, che coinvolge l’intelligenza e tutto il nostro essere, penso che sia il vero senso e la prospettiva del nostro fare carità.

Pian piano ti rendi conto che la porta che devi aprire è la porta del cuore, di un cuore ascoltante che fa cadere giudizi e pregiudizi e che ti fa mettere empaticamente davanti all’altro, come se fosse una persona a te cara.

Purtroppo non sempre è così, ma quando accade le relazioni si fanno intense e il peso dell’altra/o diventa il tuo.

Da solo è difficile farsene carico, è faticoso anche comprenderlo, ma attraverso il confronto con gli altri volontari si condivide la “pesca”. Insieme pensiamo a come fare per tirare a riva le reti della solidarietà.

Quando il servizio finisce chiudiamo la porta del Centro (le altre porte rimangono aperte). Sulla strada di casa, mentre cerco di trovare un modo per aiutare queste persone, non solo tramite la consegna di alimenti e di indumenti, comprendo la mia consapevole inadeguatezza. Capisco che le ingiustizie quotidiane interessano a pochi. Insieme a un senso di impotenza nasce in me un forte sentimento di compassione che si esprime nel desiderio di stare vicino a queste persone gratuitamente e condividere con loro un pezzo di strada. Allora la Caritas è, e potrebbe essere ancor di più, un posto accogliente, familiare e di ristoro per chi è affaticato e solo. Un luogo dove incontrarsi e conoscersi. Un luogo in cui si cresce insieme, dove si cerca di affrontare e alleviare concretamente, almeno un po', i problemi degli uni e degli altri.

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