LA CARITA’ CAMBIA IL MONDO?

 

Platea gremita e posti occupati anche in galleria per l’incontro svoltosi nella serata di martedì 14 marzo presso il Teatro La Campanella di Bovisio Masciago dal titolo: “La carità cambia il mondo?”. E più di mille persone collegate You tube.

 

Perché questo titolo?

Iniziativa pensata, come detto in apertura dell’incontro, dal parroco don Giuseppe Vergani durante il funerale di Stefanο, ragazzo di 26 anni di Bovisio precipitato in un burrone durante una semplice passeggiata ai Piani dei Resinelli lo scorso 8 dicembre. Pasticcere e molto impegnato come educatore in oratorio e in vari ambiti tra cui la Caritas parrocchiale, questa tragedia ha coinvolto oltre alla sua famiglia, la sua ragazza e gli amici, così tante altre persone che la chiesa di San Pancrazio, nel giorno del suo funerale, non era riuscita ad accoglierli tutti. Anche il Comune aveva dichiarato quel giorno lutto cittadino e quindi il parroco aveva fatto notare che la carità che Stefano viveva era, citando il Cardinale Martini, una goccia nell’oceano che aiuta a cambiare il mondo.

 

I relatori

Relatori della serata sono stati

il dott. Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana

e

don Eugenio Nembrini, uno dei responsabili di Comunione e Liberazione

che segue anche la pastorale dei malati,

moderati dalla dott.ssa Laura Quaglinο, insegnante di storia e filosofia in pensione e ora volontaria Caritas, che ha posto ad entrambi la domanda: la carità cambia il mondo?

 

La risposta di Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana

Il dott. Gualzetti ha iniziato rispondendo così: “la carità è amore e l’amore è l’unica forza che può cambiare il mondo. Detto così è troppo semplice!”.

Quindi ha continuato esponendo in breve la storia della nascita e del compito della Caritas Ambrosiana e il messaggio di cui la Chiesa si fa portatrice e cioè che vivere la carità in modo credibile è l’unica maniera per farsi riconoscere.

C’è carità e carità e le linee guida della Caritas sono: mettere al centro la persona, non strumentalizzarla, lottare per la giustizia e l’aiuto che si dà deve far sì che si possa camminare con le proprie gambe riconoscendo quale sia il modo giusto di vivere.

Ci si scontra però con le contraddizioni del mondo e così si prende coscienza dei doni gratuiti ricevuti quali ad esempio, essere nati in questa parte del mondo o le ragioni per cui, negli snodi della vita, non aver preso strade sbagliate in un sistema malato che punta al guadagno a tutti i costi, all’individualismo, all’indifferenza. La carità ci mette in una posizione che ci consente non solo di vedere che possiamo fare qualcosa per gli altri ma anche cercare di cambiare questo sistema.

I cambiamenti avvengono quando piccole scelte nelle relazioni quotidiane portano novità che alla lunga provocano dei processi che rafforzano questi stessi cambiamenti. Così la carità davanti alla guerra è anche l’unica soluzione veramente alternativa, per arrivare alla pace.

 

Don Eugenio provoca…

La risposta iniziale di don Eugenio è provocatoria: “No! Il mondo da tanti anni è improponibile! … più si va avanti più vedo un mondo incasinato!”. Poi continua prendendo spunto dal canto “Quando uno ha il cuore buono”: “ anche qui, Uno solo è Buono, noi siamo tutti piccoli, fragili.

San Paolo dice che potremmo dare tutto quello che abbiamo ma senza la carità questo dare non serve a niente, non avremmo un cuore felice. E nell’Inno alla carità viene descritto Dio, noi siamo solo oggetto della carità di Dio, ci ha già reso partecipi del suo Amore, quindi non siamo misurabili sulla base delle nostre capacità e dei nostri soldi, ma abbiamo un valore infinito. La carità è quello che fa fiorire la nostra vita come un albero a primavera. E’ quando riconosciamo in ognuno di noi il pezzettino di Dio. Così la carità è l’unica cosa che cambia il mondo: perché cambia noi! In questo modo chi ci incontra può rimanere colpito dalla nostra vita e c’è speranza di cambiamento.

 

E Maurizio risponde

Viene chiesto l’intervento di Maurizio, uno dei coordinatori della Caritas di Bovisio Masciago. Egli cita il Cardinale Montenegro “il povero è sacramento come l’Eucarestia” e Madre Teresa “Se vogliamo che i poveri vedano Cristo in noi dobbiamo prima vedere Cristo in loro”.

Porta, tra l’altro, l’esperienza vissuta per l’emergenza della guerra in Ucraina che ha permesso di ospitare in paese circa una ventina di famiglie grazie alla rete formata da tante persone che si sono lasciate coinvolgere.

 

Rispondendo a questo intervento il dott. Gualzetti riflette su quanto sia necessario che la Caritas si interroghi sul fatto che davanti alle emergenze, come la guerra, non si è mai pronti.

 

Le esperienze dei ragazzi, volontari in Caritas

Ed infine intervengono con le loro esperienze alcuni ragazzi che fanno i volontari.

Majoline, come aiutante il sabato mattina al dopo scuola, vede nei bambini degli angeli che la abbracciano e ringrazia per la proposta della Caritas fatta anche a sua mamma Jasmine, attività che ha risollevato la mamma e che la fa tornare sempre a casa col sorriso e le fa vedere la vita con occhi diversi.

Stefano racconta che ha cominciato a frequentare la Caritas sull’ perché vedeva gli occhi di Stefano, il ragazzo di cui abbiamo parlato all’inizio, brillare di una luce che lo ha colpito, perciò vuole continuare a svolgere questo servizio per cercare di comunicare gioia.

Gioele afferma che nell’aiuto gli altri quello che ritorna è molto di più di quello che si dà.

Emanuele sottolinea la possibilità attraverso questo servizio di riscoprire il bisogno proprio vedendolo nel bisogno altrui.

Daniele chiede un aiuto per poter cogliere gli aspetti della quotidianità che ci aiutano a vedere la carità come una dimensione di vita.

Francesca testimonia che sente la carità come il suo bisogno, la strada del suo desiderio di felicità e non solo una parentesi nella sua vita. E che deve essere per sempre.

 

Conclude don Eugenio affermando che il più grande regalo che Dio ha dato a tutti è di essere bisognosi. Sostenerci, volerci bene, accompagnarci nel bisogno che siamo e abbiamo, è la più grande carità.

 

L’augurio non è fare ma è desiderare che quel sorriso e quella luce, segni di felicità che il sacerdote trova nei malati che accompagna spiritualmente, possano diventare davvero nostri per tutta la vita.

 

Da “La settimana pastorale” n. 12,  2023



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